Intervista doppia con Claudia @dysphagiafoods

Oggi faremo un’intervista doppia con Claudia, ragazza di 23 anni. Dopo esserci trovate per caso su Instagram, abbiamo deciso di intervistarci. Analizzeremo con lei la sua lunga e complicata storia clinica, iniziata quasi 10 anni fa, costellata da un lunghissimo numero di test ed esami che ancora non l’hanno portata ad avere una diagnosi. L’unica certezza è il segno clinico della disfagia (disturbo di deglutizione), che ad oggi l’accompagna e l’ha portata ad aprire un account Instagram @dysphagiafoods per raccontare la sua storia e dare un po’ di luce alla necessità di una maggiore inclusività nel mondo della ristorazione per le persone disfagiche. Io, @logopediavallecamonica, da diversi anni studio e tratto pazienti disfagici e mi sono messa a sua disposizione per un’intervista doppia in cui ci faremo qualche domanda.

INTERVISTA DOPPIA, PRIMA PARTE. RISPONDE CLAUDIA, @DYSPHAGIAFOODS

Ecco il link per guardare l’intervista su IGTV: https://www.instagram.com/p/CARC3T8iSPE/

  1. Quando è iniziato tutto?

Tutto è iniziato circa 10 anni fa con alcuni nuovi e strani episodi: dopo aver mangiato cibi solidi, continuavo a sentirne dei pezzetti “in gola”. Quindi ho iniziato a fare esami strumentali (videofluoroscopie, manometrie, fibroscopie): tutti i medici dicevano che non c’era nulla che non andava, dovevo farmi vedere da uno psichiatra perché avevo una fobia a mangiare cibi solidi oppure si trattava un disturbo alimentare. Mi sono sempre sottoposta a tutto e 2 anni fa si è scoperto che, oltre a non avere una base psicologica né essere un disturbo alimentare, già nei referti di qualche anno fa si riuscivano a vedere ristagni nella videofluoroscopia e i problemi di peristalsi e pressione del SES (Sfintere Esofageo Superiore) nelle manometrie precedenti.

2. Di tutti questi esami, quale ti è sembrato che ti abbia aiutata di più a far luce sul tuo problema?

Gli esami che mi hanno aiutata a far luce sul problema sono stati due: il primo è stato la manometria dell’esofago, un’esame che ne studia la pressione interna: chi ha letto questo esame nel modo giusto ha capito che nel 96% dei casi non c’è peristalsi e la pressione del SES è molto più alta del normale. Ciò significa che l’esofago non lavora bene e “blocca” il bolo. Il secondo è stato la FEES con prove alimentari, che mi hanno fatto solo l’anno scorso (dopo 9 anni di problemi deglutitori), da cui ho potuto vedere in video la presenza di ristagni a livello dei seni piriformi e delle vallecole glossoepiglottiche.

3. Quando hai sentito parlare per la prima volta di “disfagia”?

In realtà… l’ho letto su internet! Come dicono, non bisognerebbe cercare su internet i problemi ma affidarsi ai medici. Però dopo anni che ti affidi a medici e questi ti dicono che sei pazza e hai solo una sensazione, ho deciso di arrangiarmi e documentarmi, ovviamente con fonti ufficiali (ricerche e blog mediche di medici)e sono arrivata alla conclusione che si potesse trattare di disfagia. Quando poi sono stata ricoverata a Padova, il medico chirurgo che tratta le malattie dell’esofago e che è riuscito a leggere in chiave diversa tutti gli esami, mi ha definita disfagica e mi ha ricoverata per ripetere gli esami e avere un quadro completo.

4. Cosa passa nella tua mente quando provi a mangiare qualcosa di solido?

Provo a pensare in modo razionale al percorso che fa il cibo. Conosco bene l’anatomia e come funziona, soprattutto la mia: so che non ho aspirazione, so che non mi vanno di traverso spesso i cibi, quindi so che il bolo può avere un transito corretto, seppur con qualche ristagno. La mia paura è che il bolo si possa bloccare. So che, dopo 10 anni, non mi succede nulla se si ferma, ma la mia mente torna alla paura che ho provato per 8 anni, a quella terribile sensazione che mi ha terrorizzata. Soprattutto alla sera, andavo a dormire con questa sensazione e mi chiedevo se di notte si potesse spostare questo pezzo di cibo e andarmi di traverso mentre dormivo. Non sapendo dove fosse, essendo piccola, immaginavo di tutto e nessuno mi dava risposte. Tante volte nemmeno dormivo dalla paura o di giorno continuavo a deglutire cercando di capire dove fosse e se si spostava o andava giù. Quindi questa paura mi ha accompagnata per anni e mi ha “ossessionata”.

5. Raccontaci un po’ come è nata l’idea di aprire l’account Instagram @dysphagiafoods

L’idea della pagina è nata perché in tutti questi anni cercando su internet ricette adatte a persone disfagiche ho trovato ben poco, solo i soliti 2 o 3 ricettari. Inoltre ho sempre avuto problemi a mangiare fuori casa: in hotel, durante una gita fuori porta, in vacanza, in un ristorante. Puoi specificarlo prima di prenotare e richiedere dei cibi adatti e, se tutto va bene, ti accontentano ma spesso quando arrivi non vanno mai bene e devi rimandarli in cucina anche 3 volte. Spesso poi si tende a preparare sempre le stesse cose perché si è sicuri che vadano bene e non si fa nemmeno più caso al gusto. Quindi la mia idea è quella di aiutare le altre persone disfagiche proponendo ricette, trovate sul web o inventate da me, per far capire anche alle persone senza disfagia che i cibi che mangiamo sono buonissimi e appetibili anche per loro… e il momento del pasto può diventare condivisione. Vorrei sensibilizzare le persone sul tema della disfagia perché sento sempre parlare di integrazione delle persone disabili e poi nessuno (persone normali, ristoratori, chi ha un hotel, chi possiede un bar, la mensa dell’università) conosce la disfagia e cosa comporta…quando purtroppo è presente in tantissime categorie di persone, disabili e non. Ma se pensiamo anche solo alla fetta di anziani e disabili? Siamo esclusi dalla società al momento del pasto e questo si riflette anche sulle persone che sono in giro con noi, e non è da poco! Dobbiamo sempre portarci il cibo, non si ha mai la certezza di trovare un pasto adatto. Vorrei che la disfagia fosse quantomeno conosciuta e un po’ utopicamente, che si potesse arrivare ad avere in qualsiasi posto (a partire da mense scolastiche e universitarie) almeno 1 menù per persone disfagiche. Sono sicura che anche i ristoranti ne trarrebbero un vantaggio economico e non solo.

6. Cosa diresti alla Claudia di 10 anni fa?

Alla me di 10 anni fa direi di non mollare mai, di continuare a cercare una risposta, una diagnosi, perché solo così si può capire, migliorare o quantomeno accettare la situazione. Di ringraziare sempre i genitori che non l’hanno mai lasciata allo sbando ma l’hanno sempre portata a fare visite ed esami, anche se invasivi, anche se fastidiosi. Nei momenti in cui sono arrivata ad un punto in cui non ce la facevo più a fare visite perché tanto mi davano sempre la stessa risposta, mi sarei detta di non mollare. Perché alla fine una risposta anche se non completa, anche se la causa non l’hai ancora trovata, arriva. E questo ti fa sentire più sicura anche nel parlarne con altre persone, perché per anni ti sei nascosta perché non avresti saputo dire alle persone perché non mangi normalmente.

Ma finalmente non devi nasconderti perché sai cosa dire, e veramente non è da poco.

SECONDA PARTE: RISPONDE MARIA CHIARA (@logopediavallecamonica)

Ecco il link per guardare l’intervista su IGTV: https://www.instagram.com/p/CASKRq1C_fz/

  1. Ti è mai capitato di avere un caso simile al mio?

Ho seguito per un ciclo di sedute un ragazzino di 14 anni con una rara malattia metabolica; lui si è alimentato con sondino naso-gastrico fino ai 9 anni ed in seguito ha incominciato a mangiare, con un percorso lungo e complesso, caratterizzato da un rapporto difficile con il cibo. Anche lui, come te, ha una forte fobia nei confronti dei cibi solidi (a differenza tua invece è inappetente ed ha un rifiuto del cibo, legato alla sua patologia); anche lui ha una deglutizione deviata con spinta linguale contro i denti.

2. Mi aiuteresti a capire la dinamica del mio problema deglutitorio?

Il tuo problema deglutitorio, dall’analisi che ho potuto fare leggendo la tua storia clinica, ha avuto origine da una disfunzione a livello esofageo (in particolare dello sfintere esofageo superiore). Ciò è confermato dalle manometrie che rilevano alta pressione di questa “valvola”. Questo sfintere, funzionando male, anziché spingere “per bene” il boccone giù per l’esofago fino allo stomaco, spesso lo faceva rimanere lì, dandoti quella fastidiosa sensazione di “boccone di traverso”, quel qualcosa conficcato lì che ti faceva andare a letto con la paura di strozzarti. 

In realtà, proprio perché il bolo era già (probabilmente) a livello dell’esofago, non avevi nessun rischio di strozzarti e questo è stato confermato dalla FEES con prove alimentari. La scala PAS non individua nessun segno di penetrazione/aspirazione con liquidi, semisolidi e solidi. Ciò significa che quando deglutisci, le tue corde vocali si chiudono bene e quindi niente passa per la via aerea!

Tu però avevi solo 13 anni, eri piccola e nessuno ha saputo purtroppo spiegarti subito questa dinamica, quindi giustamente tu ti sei aiutata da sola come hai potuto, e questo ti ha portata a mangiare nell’unico modo in cui ti sentivi sicura, nell’unico modo che non ti creava questa brutta sensazione di “boccone in gola”. Purtroppo tutti gli esami clinici e anche i “personaggi” (non professionisti!) che hai incontrato lungo il tuo percorso non ti hanno aiutata, confermando per te l’unica scelta che ti sembrava possibile: mangiare omogeneizzato. Questo ha fatto sì che si innescasse un circolo vizioso per cui, mangiando soltanto queste consistenze, la tua muscolatura si è “abituata” ed è rimasta debole.

3. Secondo te quanto ha inciso la deglutizione disfunzionale sulla disfagia? 

È un circolo vizioso: alla base di tutto c’è un disturbo della motilità esofagea associato a reflusso gastro-esofageo e laringo-faringeo. La sensazione di “globo in gola” causata da ciò ti ha portata a mangiare omogeneizzato e questo a sua volta ti ha portata a sviluppare una deglutizione disfunzionale ed è quest’ultima a causare i ristagni nelle vallecole di cui parlavamo prima.

4. Quando tratti un paziente disfagico consigli di affidarsi a un dietista per avere una dieta nutrizionalmente completa?

Quando il paziente ha perso massa corporea ed è sottopeso è assolutamente indicato, è importantissimo avere il supporto di un dietista/nutrizionista per alimentarsi in modo completo! Anche in caso non ci sia una perdita peso rimane una consulenza molto importante da eseguire nella presa in carico multidisciplinare, spesso ci si “arrangia” ma è importante seguire un piano nutrizionale bilanciato. I nutrienti che introduciamo nel nostro corpo per tre, quattro, cinque volte al giorno possono fare la differenza per la nostra salute.

5. Essendo la disfagia un sintomo, può essere migliorata o anche completamente eliminata? Quindi tornare ad un’alimentazione completa?

Con un trattamento d’équipe (medico, logopedista, nutrizionista/dietista) la disfagia può assolutamente migliorare. Dipende sempre dall’eventuale patologia di base: se è degenerativa non potremo porci come obiettivo quello di eliminarla. In tante altre patologie neurologiche può esserci un miglioramento tale da tornare ad un’alimentazione “libera”. Per quanto comunque possa essere lieve il miglioramento, è sempre indicata la presa in carico logopedica, anche solo per trovare la modalità di alimentazione più sicura per il paziente.

6. Quanto può influire, secondo la tua esperienza, la parte psicologica del paziente nell’affrontare un disturbo di deglutizione?

Tanto, veramente tanto! La psiche ha un impatto incredibile: sul nostro stato fisico, nella percezione del dolore e nella propriocezione. Propongo spesso questa citazione del libro -La meccanica del cuore- “Se hai paura di farti del male, aumenti la probabilità di fartene sul serio. Guarda i funamboli: secondo te, quando camminano sulla corda tesa, pensano che potrebbero cadere?”.

Sono convinta che, continuando a lavorare con costanza sia a livello psicologico per la fobia, che a livello logopedico per migliorare la forza della lingua, potrai ricominciare a mangiare cibi solidi. Sarà necessario del tempo per rielaborare il “macigno” della tua lunga e travagliata storia clinica, ma quando riuscirai a farlo e a gestire la fobia, dandoti la giusta sicurezza con le tecniche apprese con la logopedia, come una piccola funambola, potrai mangiare senza paura tutto ciò che vorrai.

Con i tuoi ritmi, tempi, desideri. 

Grazie a chi ha voluto leggere questa storia e confronto.

Claudia & Maria Chiara 

Approfondimento

La storia clinica di Claudia

“Tutto è iniziato nel 2011. Deglutisco un pezzo di zucchina e mezz’ora dopo la sento ancora bloccata in gola. La stesso con molti altri bocconi, fino ad arrivare ad avere una paura tremenda di deglutire cibi solidi, soprattutto la sera, quando andavo a dormire con la paura di strozzarmi nel sonno. 

Cerco di riassumere i tantissimi esami strumentali a cui sono stata sottoposta:

  • Le prime visite Otorinolaringoiatriche (ORL): tutto nella norma.  
  • La manometria (esame che valuta la pressione intra esofagea) rileva ipocinesia esofagea e ipotonia dello sfintere esofageo inferiore. Peristalsi presente nel 25% delle deglutizioni. Pressione basale del SES (Sfintere esofageo superiore) troppo elevata.

I medici però dicevano che il problema ero io a non voler mangiare.

  • Percorso con team osteopata & psicologa a Storo: con l’osteopata realizzo di avere una fobia protratta negli anni per il cibo solido. Il primo percorso con psicologa invece è stato un fallimento
  • 10/2014-11/2014: altro controllo ORL in ospedale a Chiari, intervento di adenoidectomia e debulking tonsillare destro. Hanno fatto questo intervento dicendomi che dopo 1 mese, senza l’aiuto di nessuno, a 16 anni, avrei dovuto riprendere a mangiare senza riabilitazione. Ovviamente non ha funzionato.
  • Mesi dopo: centro di disturbi alimentari alla Fondazione Richiedei à escludono la presenza di disturbi alimentari. Io infatti VOGLIO mangiare.

Per un periodo BASTA visite, ero triste e frustrata. Anche i miei genitori pensavano fosse colpa della mia fobia, cercavano di farmi sentire in colpa perché non mangiavo.

  • 6/2018: riprendo con alcune visite ORL, sempre gli stessi esiti.

Nel 2019 trovo un centro delle malattie dell’esofago a Padova (dott. Salvador) che mi dice che ho una pressione altissima del SES e nell’RX baritato vi era ristagno. Ipotizza che avrei potuto fare una miotomia del SES per abbassare la pressione del SES, oppure del botulino nei muscoli deglutitori. Terza ipotesi, esofagite eosinofila da trattare con dei cicli di cortisone. Ennesima endoscopia, mi fanno 19 biopsie in vari tratti dell’esofago: esclusa esofagite eosinofila, ho “solo” gastrite cronica, reflusso ed esofagite con dilatamento degli spazi intracellulari e focali erosioni del rivestimento epiteliale.

Vengo ricoverata a Padova di 6 giorni dove eseguo la manometria (il SES ha pressione più alta ma non così tanto da intervenire con miotomia); Rx baritato evidenzia i soliti ristagni che gestisco con più atti deglutitori; visita psichiatrica esclude la base psicologica del problema; esame di diagnostica immunologica per escludere malattie rare. NADA, NEMMENO RARA SONO. Dimessa per l’ennesima volta senza diagnosi e con Levopraid per rilassare l’esofago (con questo farmaco la deglutizione un po’ migliora).

Ma non per questo, per l’ennesima volta senza aiuti, mi metto a mangiare una bistecca.

  • Contatto io una logopedista in Poliambulanza (dopo un percorso andato male nel 2014): evidenzia deglutizione disfunzionale e inizio un percorso di esercizi per aumentare la forza della lingua e migliorare l’atto deglutitorio. In parallelo continuo il mio percorso di psicoterapia per la fobia. Dopo 1 anno sono riuscita finalmente a mangiar 1 brioche della Nesquik in 20 minuti. Per me una conquista enorme! Poi purtroppo, il percorso è stato sospeso per la pandemia.
  • Ho eseguito una FEES con prove alimentari, con il dr. Schindler all’Ospedale Sacco di Milano: molto gentile, l’esame evidenzia dei ristagni con il budino denso a livello di vallecole e seni piriformi, con il liquido tutto ok e anche con il solido perché sono riuscita a masticarlo accuratamente. Assenti penetrazione e aspirazione nelle vie aeree.
  • Sono inoltre tenuta sotto controllo per dieta e peso dal team medico internista+dietista presso Spedali Civili di Brescia.
  • Soffro tantissimo di reflusso, sia gastro-esofageo che laringo-faringeo, mai trattato poiché il mio medico di base non lo ritiene necessario.
  • A livello percettivo sono ipersensibile a sale, olio e vino, mi innescano tosse. Mi accorgo sempre inoltre quando ho ristagni nelle vallecole. Se mangio qualcosa di non omogeneo percepisco ogni minimo pezzetto e devo filtrare tutto. Faccio fatica inoltre a fare tante deglutizioni di seguito, come se non riuscissi a coordinare respiro e deglutizione.

Ad oggi mangio solo vellutate, purè, formaggi freschi, gelati, mousse, che devono essere omogenee.

Ho perso la speranza di tornare a mangiare come prima, sinceramente sono riuscita ad accettare questa situazione, però non perdo la speranza di arrivare ad una diagnosi per poter finalmente dare un nome a questa parte di me.

E la cosa che mi ha sempre fatta più star male era che nei primi anni dovevo inventare mille scuse per non uscire a cena, per non accettare un pezzo di cracker a scuola. Mille scuse che non sono da me, eppure ho dovuto. Perché come han fatto i medici, gente che dovrebbe saperne qualcosa, anche le persone normali mi avrebbero dato della pazza o anoressica. Mi dispiace che non ci sia una cultura perché mi tocca essere un po’ asociale quando non lo sono per niente di carattere. Vorrei essere io quella che invita fuori a cena gli amici, l’ho sempre immaginata la mia vita così, sempre in viaggio, sempre in giro senza dover progettare tutto, e invece non posso.

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